venerdì 22 febbraio 2013

Due pesi e due misure

 



Strage del Cermis

Il termine strage del Cermis è utilizzato per identificare la morte di 20 persone ad opera di un aereo statunitense nei cieli italiani.

Il 3 febbraio 1998 alle ore 15:13 un Grumman EA-6B Prowler,[1] aereo militare statunitense del Corpo dei Marines al comando del capitano Richard Ashby, decollato dalla base aerea di Aviano alle 14:36 durante un volo di addestramento, per una sfida di abilità nel pilotare, tranciò le funi del tronco inferiore della funivia del Cermis, in Val di Fiemme. La cabina, al cui interno si trovavano venti persone, precipitò da un'altezza di circa 150 metri schiantandosi al suolo dopo un volo di 7 secondi. Il velivolo, danneggiato all'ala e alla coda, fu comunque in grado di far ritorno alla base. Nella strage morirono i 19 passeggeri e il manovratore, tutti cittadini di Stati europei: tre italiani, sette tedeschi, cinque belgi, due polacchi, due austriaci e un olandese.
I pubblici ministeri italiani richiesero di processare i quattro marine in Italia, ma il giudice per le indagini preliminari di Trento ritenne che, in forza della Convenzione di Londra del 19 giugno 1951 sullo statuto dei militari NATO, la giurisdizione sul caso dovesse riconoscersi alla giustizia militare statunitense. Inizialmente tutti e quattro i membri dell'equipaggio furono indagati, ma solo il pilota cap. Richard Ashby e il suo navigatore cap. Joseph Schweitzer comparirono effettivamente davanti al tribunale militare americano per rispondere dell'accusa di omicidio colposo.I due militari furono giudicati dalla corte marziale USA per intralcio alla giustizia per aver distrutto un nastro video registrato durante il volo nel giorno della tragedia. Per tale capo d'accusa furono riconosciuti colpevoli nel maggio del 1999. Entrambi furono degradati e rimossi dal servizio. Il pilota fu inoltre condannato a sei mesi di detenzione, ma fu rilasciato dopo quattro mesi e mezzo per buona condotta.

Marò italiani in India.

I due marò italiani saranno giudicati da un tribunale speciale a New Delhi. Lo ha deciso la Corte suprema indiana, che ha fatto sapere la sua intenzione di creare questo tribunale in collaborazione con il governo centrale. L’avvocato della difesa dei marò ha dichiarato di essere soddisfatto della sentenza, perché si è escluso l’intervento del Kerala. Il tutto è stato accompagnato da un ordine di trasferimento dei due italiani alla capitale indiana. Latorre e Girone, anche se erano riusciti ad ottenere la libertà dietro cauzione, sono rimasti nella zona del Kerala, perché ogni mattina si devono recare al commissariato per firmare e attestare la loro presenza.Nel frattempo il processo per la morte dei due pescatori non è mai iniziato ed è stato sempre rinviato.Già precedentemente i tempi della giustizia indiana erano stati lunghi. I due fucilieri della Marina Militare si trovavano a bordo della petroliera Enrica Lexie, su cui prestavano regolare servizio di scorta, quando il 15 febbraio i due pescatori, a bordo del loro peschereccio Saint Antony, vennero uccisi. I tempi sembravano molto più lunghi di quanto prospettato. Il calendario delle feste, pubblicato sullo stesso sito della Corte Suprema, indicava che il più alto tribunale locale sarebbe rimasto chiuso dal 22 al 27 ottobre e dal 12 al 17 novembre per la festa di Dusshera e del Diwali, nota anche come Festa delle Luci, che segna il Capodanno induista.Lo Stato del Kerala aveva già pronto il processo, ma la situazione era rimasta bloccata a causa del ricorso italiano che era stato effettuato. Sul caso era intervenuto anche il ministro degli Esteri, Giulio Terzi. Aveva dichiarato che, nel caso in cui i due marò non fossero liberati, l’Italia sarebbe stata pronta ad intraprendere delle azioni a livello internazionale, anche a costo di controversie fra Stati.


 

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